Cartoni Animati Giapponesi

E’ impossibile pensare alle serie di cartoni animati senza identificarne una buona parte come provenienti dalle matite degli abili disegnatori nipponici. Le ragioni sono semplicissime: tranne delle piccole eccezioni, comunque di successo, gli anni ’70 hanno visto lo strapotere sul mercato dei cartoni da parte di quelli giapponesi, e anche negli anni ’80 e ’90 la concorrenza è stata estremamente limitata. Ciò a determinato la creazione di stili tipici da poter imitare, rischiando tuttavia di creare delle brutte imitazioni, e fino a quando non ci si è staccati da questa logica, non c’è stata la produzione di serie animate di successo al di fuori dei confini giapponesi.

Alcune serie in particolare hanno accompagnato intere generazioni, come quelle dei super robot (Goldrake, Daitan III, Jeeg robot d’acciaio e Mazinga tra i tanti), o le storie proiettate comunque su futuri lontani (come Capitan Harlock) od addirittura su un passato mitologico (vedi C’era una volta… Pollon e I cavalieri dello Zodiaco), ma tutti caratterizzati da drammaticità e pathos, sentimenti e valori, e sempre delle ottime trame, che riuscivano a superare il pericolo della ripetitività.

Con queste premesse, e una grandissima creatività, le storie hanno saputo evolversi, e portare a nuovi generi di successo, come Candy Candy, Heidi, Georgie, Hello Spank dove la mancanza di azione tipica degli anni ’70 che aveva caratterizzato le produzioni non lascia alcun vuoto, riempito dalla quotidianità e dalla concreta possibilità di identificarsi con i personaggi e loro vicende, un aspetto che era stato considerato un’esclusiva dei lungometraggi. L’industria giapponese delle serie animate è riuscita a cambiare con il cambiare delle generazioni, riportando in auge lo sport e i piccoli campioni, o nuovi giochi di tendenza del momento, senza mai tradire uno stile fondato su un perfetto mix di varie componenti che lasciano sempre al centro la dimensione mana nella sua essenza.